I. STRUTTURA GENERALE DELLA MESSA
27. Nella
Messa o Cena del Signore, il popolo di Dio è chiamato a riunirsi
insieme sotto la presidenza del sacerdote, che agisce nella persona di
Cristo, per celebrare il memoriale del Signore, cioè il sacrificio
eucaristico37. Per questo raduno locale della santa Chiesa
vale perciò in modo eminente la promessa di Cristo: «Là dove sono due
o tre radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).
Infatti nella celebrazione della Messa, nella quale si perpetua il
sacrificio della croce38, Cristo è realmente presente
nell'assemblea riunita in suo nome, nella persona del ministro, nella
sua parola e in modo sostanziale e permanente sotto le specie
eucaristiche39.
28. La Messa
è costituita da due parti, la «Liturgia della Parola» e la «Liturgia
eucaristica»; esse sono così strettamente congiunte tra loro da
formare un unico atto di culto40. Nella Messa, infatti, viene
imbandita tanto la mensa della parola di Dio quanto la mensa del Corpo
di Cristo, e i fedeli ne ricevono istruzione e ristoro41. Ci
sono inoltre alcuni riti che iniziano e altri che concludono la
celebrazione.
II. I DIVERSI ELEMENTI DELLA
MESSA
Lettura della parola di Dio e sua spiegazione
29. Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo
popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo.
Per questo tutti devono ascoltare con venerazione le letture della
parola di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo della
Liturgia. E benché la parola di Dio nelle letture della sacra Scrittura
sia rivolta a tutti gli uomini di ogni epoca e sia da essi
intelligibile, tuttavia una sua più piena comprensione ed efficacia
viene favorita da un'esposizione viva e attuale, cioè dall'omelia, che
è parte dell'azione liturgica42.
Le orazioni e le altre parti che spettano al sacerdote
30. Tra le
parti proprie del sacerdote, occupa il primo posto la Preghiera
eucaristica, culmine di tutta la celebrazione. Seguono poi le orazioni,
cioè: l'orazione di inizio (o colletta), l'orazione sulle offerte e
l'orazione dopo la Comunione. Queste preghiere, dette dal sacerdote
nella sua qualità di presidente dell'assemblea nella persona di Cristo,
sono rivolte a Dio a nome dell'intero popolo santo e di tutti i presenti43.
Perciò giustamente si chiamano «orazioni presidenziali».
31. Spetta ugualmente al sacerdote, per il suo ufficio di presidente
dell'assemblea radunata, formulare alcune monizioni previste nel rito
medesimo. Quando è previsto dalle rubriche, al celebrante è permesso
adattarle in parte affinché rispondano alla comprensione dei
partecipanti. Tuttavia il sacerdote faccia in modo di conservare sempre
il senso della monizione proposta nel Messale e la esprima con poche
parole. Così pure spetta al sacerdote che presiede guidare la
proclamazione della parola di Dio e impartire la benedizione finale.
Egli può inoltre intervenire con brevissime parole, per introdurre i
fedeli alla Messa del giorno, dopo il saluto iniziale e prima dell' atto
penitenziale; alla Liturgia della Parola, prima delle letture; alla
Preghiera eucaristica, prima di iniziare il prefazio, naturalmente mai
nel corso della Preghiera stessa; prima del congedo, per concludere
l'intera azione sacra.
32. La natura delle parti «presidenziali» esige che esse siano proferite a
voce alta e chiara e che siano ascoltate da tutti con attenzione44.
Perciò, mentre il sacerdote le dice, non si devono sovrapporre altre
orazioni o canti, e l'organo e altri strumenti musicali devono tacere.
33. Il sacerdote infatti, in quanto
presidente, formula le preghiere a nome della Chiesa e della comunità
riunita, talvolta invece anche a titolo personale, per poter compiere il
proprio ministero con maggior attenzione e pietà. Tali preghiere, che
sono proposte prima della proclamazione del Vangelo, alla preparazione
dei doni, prima e dopo la Comunione del sacerdote, si dicono sottovoce.
Altre formule che ricorrono nella celebrazione
34. Poiché
la celebrazione della Messa, per sua natura, ha carattere «comunitario»45,
grande rilievo assumono i dialoghi tra il sacerdote e i fedeli riuniti e
le acclamazioni46. Infatti questi elementi non sono soltanto
segni esteriori della celebrazione comunitaria, ma favoriscono e
realizzano la comunione tra il sacerdote e il popolo.
35. Le
acclamazioni e le risposte dei fedeli al saluto del sacerdote e alle
orazioni, costituiscono quel grado di partecipazione attiva che i fedeli
riuniti devono porre in atto in ogni forma di Messa, per esprimere e
ravvivare l'azione di tutta la comunità47.
36. Altre
parti, assai utili per manifestare e favorire la partecipazione attiva
dei fedeli, spettano all'intera assemblea convocata; sono soprattutto
l'atto penitenziale, la professione di fede, la preghiera universale
(detta anche preghiera dei fedeli) e la preghiera del Signore (cioè il Padre
nostro).
37. Infine, tra le altre formule:
a) alcune costituiscono un rito o un atto a sé stante, come l'inno
Gloria, il salmo responsoriale, l'Alleluia e il versetto prima del Vangelo (canto al Vangelo), il
Santo, l'acclamazione dell'anamnesi e il canto dopo la
Comunione;
b) altre, invece, accompagnano qualche rito, come i canti d'ingresso, di
offertorio, quelli che accompagnano la frazione del pane (Agnello
di Dio) e la Comunione.
Il modo di proclamare i vari testi
38. Nei testi
che devono essere pronunziati a voce alta e chiara dal sacerdote, dal
diacono, dal lettore o da tutti, la voce deve corrispondere al genere
del testo, secondo che si tratti di una lettura, di un'orazione, di una
monizione, di un'acclamazione, di un canto; deve anche corrispondere
alla forma di celebrazione e alla solennità della riunione liturgica.
Inoltre si tenga conto delle caratteristiche delle diverse lingue e
della cultura specifica di ogni popolo.
Nelle rubriche e nelle norme che seguono, le parole «dire» oppure «proclamare»
devono essere intese in riferimento sia al canto che alla recita, tenuto
conto dei principi sopra esposti.
Importanza del canto
39. I fedeli,
che si radunano nell'attesa della venuta del loro Signore, sono esortati
dall'apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (Cf. Col
3,16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (Cf. At 2,46).
Perciò dice molto bene sant' Agostino: «Il cantare è proprio di chi
ama»48, e già dall'antichità si formò il detto: «Chi
canta bene, prega due volte».
40. Nella
celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto,
ponendo attenzione alla diversità culturale delle popolazioni e alle
possibilità di ciascuna assemblea liturgica. Anche se non è sempre
necessario, per esempio nelle Messe feriali, cantare tutti i testi che
per loro natura sono destinati al canto, si deve comunque fare in modo
che non manchi il canto dei ministri e del popolo nelle celebrazioni
domenicali e nelle feste di precetto.
Nella scelta delle parti destinate al canto, si dia la preferenza a
quelle di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere
cantate dal sacerdote, dal diacono o dal lettore con la risposta del
popolo, o dal sacerdote e dal popolo insieme49.
41. A parità
di condizioni, si dia la preferenza al canto gregoriano, in quanto
proprio della Liturgia romana. Gli altri generi di musica sacra,
specialmente la polifonia, non sono affatto da escludere, purché
rispondano allo spirito dell'azione liturgica e favoriscano la
partecipazione di tutti i fedeli50.
Poiché sono sempre più frequenti le riunioni di fedeli di diverse
nazionalità, è opportuno che sappiano cantare insieme, in lingua
latina, e nelle melodie più facili, almeno le parti dell'ordinario
della Messa, specialmente il simbolo della fede e la preghiera del
Signore51.
Gesti e atteggiamenti del corpo
42. I gesti e l'atteggiamento del corpo sia del sacerdote, del diacono e dei
ministri, sia del popolo devono tendere a far sì che tutta la
celebrazione risplenda per decoro e per nobile semplicità, che si colga
il vero e pieno significato delle sue diverse parti e si favorisca la
partecipazione di tutti52. Si dovrà prestare attenzione
affinché le norme, stabilite da questo Ordinamento generale e dalla
prassi secolare del Rito romano, contribuiscano al bene spirituale
comune del popolo di Dio, più che al gusto personale o all'arbitrio.
L'atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti,
è segno dell'unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la
sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l'intenzione e i
sentimenti dell'animo di coloro che partecipano.
43. I fedeli
stiano in piedi dall'inizio del canto di ingresso, o mentre il sacerdote
si reca all'altare, fino alla conclusione dell'orazione di inizio (o
colletta), durante il canto dell' Alleluia prima del Vangelo; durante la
proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede e la preghiera
universale (o preghiera dei fedeli); e ancora dall' invito Pregate fratelli prima dell' orazione sulle offerte fino al termine della Messa, fatta
eccezione di quanto è detto in seguito.
Stiano invece seduti durante la proclamazione delle letture prima del
Vangelo e durante il salmo responsoriale; all'omelia e durante la
preparazione dei doni all'offertorio; se lo si ritiene opportuno,
durante il sacro silenzio dopo la Comunione.
S'inginocchino poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo
stato di salute, la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei
presenti, o altri ragionevoli motivi. Quelli che non si inginocchiano
alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote
genuflette dopo la consacrazione.
Spetta però alle Conferenze Episcopali adattare i gesti e gli
atteggiamenti del corpo, descritti nel Rito della Messa, alla cultura e
alle ragionevoli tradizioni dei vari popoli secondo le norme del diritto53.
Nondimeno si faccia in modo che tali adattamenti corrispondano al senso
e al carattere di ciascuna parte della celebrazione. Dove vi è la
consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall' acclamazione del Santo
fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della
Comunione, quando il sacerdote dice Ecco l'Agnello di Dio, tale uso può essere lodevolmente conservato.
Per ottenere l'uniformità nei gesti e negli atteggiamenti del corpo in
una stessa celebrazione, i fedeli seguano le indicazioni che il diacono
o un altro ministro laico o lo stesso sacerdote danno secondo le norme
stabilite nel Messale.
44. Fra i
gesti sono comprese anche le azioni e le processioni: quella del
sacerdote che, insieme al diacono e ai ministri, si reca all'altare;
quella del diacono che porta all'ambone l'Evangeliario o il Libro dei
Vangeli prima della proclamazione del Vangelo; quella con la quale i
fedeli presentano i doni o si recano a ricevere la Comunione. Conviene
che tali azioni e processioni siano fatte in modo decoroso, mentre si
eseguono canti appropriati, secondo le norme stabilite per ognuna di
esse.
Il silenzio
45. Si deve anche osservare, a suo
tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione54. La
sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole
celebrazioni. Così, durante l'atto penitenziale e dopo l'invito alla
preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o
l'omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato;
dopo la Comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di
supplica.
Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in
chiesa, in sagrestia, nel luogo dove si assumono i paramenti e nei
locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei
giusti modi alla sacra celebrazione.
III - LE SINGOLE PARTI DELLA MESSA
A) RITI DI INTRODUZIONE
46. I riti
che precedono la Liturgia della Parola, cioè l'introito, il saluto,
l'atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l'orazione (o colletta), hanno un carattere di inizio, di introduzione
e di preparazione.
Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una
comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a
celebrare degnamente l'Eucaristia.
In alcune celebrazioni, connesse con la Messa secondo le norme dei libri
liturgici, si omettono i riti iniziali o si svolgono in maniera
particolare.
L'introito
47. Quando il
popolo è radunato, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con il
diacono e i ministri, si inizia il canto d'ingresso. La funzione propria
di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire
l'unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del
tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del
sacerdote e dei ministri.
48. Il canto
viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal
cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola.
Si può utilizzare sia l'antifona con il suo salmo, quale si trova
nel Graduale romanum o nel Graduale simplex, oppure un
altro canto adatto all'azione sacra, al carattere del giorno o del tempo55,
e il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza Episcopale.
Se all'introito non ha luogo il canto, l'antifona proposta dal Messale
Romano viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o
altrimenti dallo stesso sacerdote che può anche adattarla a modo di
monizione iniziale (Cf. n. 31).
Saluto all'altare e al popolo radunato
49. Giunti in presbiterio, il sacerdote, il diacono e i ministri salutano
l'altare con un profondo inchino.
Quindi, in segno di venerazione, il sacerdote e il diacono lo baciano e
il sacerdote, secondo l'opportunità, incensa la croce e l'altare.
50. Terminato il canto d'ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede,
con tutta l'assemblea si segna col segno di croce. Poi il sacerdote con
il saluto annunzia alla comunità radunata la presenza del Signore. Il
saluto sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della
Chiesa radunata.
Salutato il popolo, il sacerdote, o il diacono o un ministro laico, può
fare una brevissima introduzione alla Messa del giorno.
Atto penitenziale
51. Quindi il sacerdote invita
all'atto penitenziale, che, dopo una breve pausa di silenzio, viene
compiuto da tutta la comunità mediante una formula di confessione
generale, e si conclude con l'assoluzione del sacerdote, che tuttavia
non ha lo stesso valore del sacramento della Penitenza.
La domenica, specialmente nel tempo pasquale, in circostanze
particolari, si può sostituire il consueto atto penitenziale, con la
benedizione e l'aspersione dell' acqua in memoria del Battesimo56.
Kyrie eleison
52. Dopo l'atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie
eleison, a meno che non sia già stato
detto durante l'atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli
acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene
eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un
cantore.
Ogni acclamazione viene ripetuta normalmente due volte, senza escluderne
tuttavia un numero maggiore, in considerazione dell'indole delle diverse
lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari.
Quando il Kyrie
eleison viene cantato come parte dell' atto penitenziale, alle singole
acclamazioni si fa precedere un «tropo».
Gloria
53. Il
Gloria
è un inno antichissimo e
venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo,
glorifica e supplica Dio Padre e l'Agnello. Il testo di questo inno non
può essere sostituito con un altro. Viene iniziato dal sacerdote o,
secondo l'opportunità, dal cantore o dalla schola, ma viene
cantato o da tutti simultaneamente o dal popolo alternativamente con la schola,
oppure dalla stessa schola. Se non lo si canta, viene
recitato da tutti, o insieme o da due cori che si alternano.
Lo si canta o si recita nelle domeniche fuori del tempo di Avvento e
Quaresima; e inoltre nelle solennità e feste, e in celebrazioni di
particolare solennità.
Colletta
54. Poi il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme con lui
stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere
alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le proprie intenzioni
di preghiera. Quindi il sacerdote dice l'orazione, chiamata comunemente
«colletta», per mezzo della quale viene espresso il carattere della
celebrazione. Per antica tradizione della Chiesa, l'orazione colletta è
abitualmente rivolta a Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito
Santo57 e termina con la conclusione trinitaria, cioè più
lunga, in questo modo:
- se è rivolta al Padre: Per il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli
- se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell' orazione medesima si fa
menzione del Figlio: Egli è Dio e vive e regna con
te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli
- se è rivolta al Figlio: Tu
sei Dio e vivi e regni con Dio Padre, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli
Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria
l'orazione con l'acclamazione Amen
Nella Messa si dice sempre una sola colletta.
B) LITURGIA DELLA PAROLA
55. Le letture scelte dalla sacra Scrittura con i canti che le accompagnano
costituiscono la parte principale della Liturgia della Parola; l'omelia,
la professione di fede e la preghiera universale o preghiera dei fedeli
sviluppano e concludono tale parte. Infatti nelle letture, che vengono
poi spiegate nell' omelia, Dio parla al suo popolo58, gli
manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un
nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente, per mezzo della sua
Parola, tra i fedeli 59. Il popolo fa propria questa Parola divina con il silenzio e i canti, e vi
aderisce con la professione di fede. Così nutrito, prega nell' orazione
universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del
mondo intero.
Il silenzio
56. La Liturgia della Parola deve
essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve
assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il
raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio,
adatti all'assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l'aiuto dello
Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la
risposta con la preghiera. Questi momenti di silenzio si possono
osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa Liturgia della Parola,
dopo la prima e la seconda lettura, e terminata l'omelia60.
Le
letture bibliche
57. Nelle letture viene preparata ai fedeli la mensa della parola di Dio e
vengono loro aperti i tesori della Bibbia61. Conviene quindi
che si osservi l'ordine delle letture bibliche, con il quale è messa
meglio in luce l'unità dei due Testamenti e della storia della
salvezza; non è permesso quindi sostituire con altri testi non biblici
le letture e il salmo responsoriale, che contengono la parola di Dio62.
58. Nella celebrazione della Messa
con il popolo, le letture si proclamano sempre dall' ambone.
59.
Il compito di proclamare le letture, secondo la
tradizione, non è competenza specifica di colui che presiede, ma di
altri ministri. Le letture quindi siano proclamate da un lettore, il
Vangelo sia invece proclamato dal diacono o, in sua assenza, da un altro
sacerdote. Se non è presente un diacono o un altro sacerdote, lo stesso
sacerdote celebrante legga il Vangelo; e se manca un lettore idoneo, il
sacerdote celebrante proclami anche le altre letture.
Dopo le singole letture il lettore pronuncia l'acclamazione, e il popolo
riunito con la sua risposta dà onore alla
parola di Dio, accolta con fede e con animo grato.
60.
La lettura del Vangelo costituisce il culmine della
Liturgia della Parola. La stessa Liturgia insegna che si deve dare ad
essa massima venerazione, poiché la distingue dalle altre letture con
particolare onore: sia da parte del ministro incaricato di proclamarla,
che si prepara con la benedizione o con la preghiera; sia da parte dei
fedeli, i quali con le acclamazioni riconoscono e professano che Cristo
è presente e parla a loro, e ascoltano la lettura stando in piedi; sia
per mezzo dei segni di venerazione che si rendono all'Evangeliario.
Il
Salmo responsoriale
61.
Alla prima lettura segue il salmo responsoriale, che è parte integrante
della Liturgia della Parola e che ha grande valore liturgico e
pastorale, perché favorisce la meditazione della parola di Dio.
Il salmo responsoriale deve corrispondere a ciascuna lettura e deve
essere preso normalmente dal Lezionario.
Conviene che il salmo responsoriale si esegua con il canto, almeno per
quanto riguarda la risposta del popolo. Il salmista, quindi, o cantore
del salmo canta o recita i versetti del salmo all'ambone o in altro
luogo adatto; tutta l'assemblea ascolta restando seduta, e partecipa di
solito con il ritornello, a meno che il salmo non sia cantato o recitato
per intero senza ritornello. Ma perché il popolo possa più facilmente
ripetere il ritornello, sono stati scelti alcuni testi comuni di
ritornelli e di salmi per i diversi tempi dell'anno e per le diverse
categorie di Santi. Questi testi si possono utilizzare al posto di
quelli corrispondenti alle letture ogni volta che il salmo viene
cantato. Se il salmo non può essere cantato, venga proclamato nel modo
più adatto a favorire la meditazione della parola di Dio.
Al posto del salmo assegnato nel Lezionario si può cantare o.il
responsorio graduale tratto dal Graduale romanum, oppure un salmo
responsoriale o alleluiatico dal Graduale simplex, così come
sono indicati nei rispettivi libri.
L'acclamazione
prima della lettura del Vangelo
62.
Dopo la lettura che precede immediatamente il Vangelo, si canta l'
Alleluia o un altro canto stabilito dalle rubriche, come richiede il
tempo liturgico. Tale acclamazione costituisce un rito o atto a sé
stante, con il quale l'assemblea dei fedeli accoglie e saluta il Signore
che sta per parlare nel Vangelo e con il canto manifesta la propria
fede. Viene cantato da tutti stando in piedi, sotto la guida della schola
o del cantore, e se il caso lo richiede, si ripete; il versetto
invece viene cantato dalla schola o dal cantore.
a) L'Alleluia
si canta in qualsiasi tempo, tranne in Quaresima. I versetti si scelgono
dal Lezionario oppure dal Graduale.
b) In tempo di Quaresima, al posto dell'Alleluia
si canta il versetto posto nel Lezionario prima del Vangelo. Si può
anche cantare un altro salmo o tratto, come si trova nel Graduale.
63.
Quando vi è una sola lettura prima del Vangelo:
a) nel tempo in cui si canta l'Alleluia,
si può utilizzare o il salmo alleluiatico, oppure il salmo e l'Alleluia
con il suo versetto,
b) nel tempo in cui non si canta l'Alleluia,
si può eseguire o il salmo e il versetto prima del Vangelo o il salmo
soltanto.
c) l'Alleluia
e il versetto prima del Vangelo, se non si cantano, si possono
tralasciare.
64. La Sequenza, che, tranne nei giorni di Pasqua e Pentecoste, è
facoltativa, si canta prima dell'Alleluia.
L'omelia
65. L'omelia fa parte della liturgia ed è vivamente raccomandata63:
è infatti necessaria per alimentare la vita cristiana. Essa deve
consistere nella spiegazione o di qualche aspetto delle letture della
sacra Scrittura, o di un altro testo dell' Ordinario o del Proprio della
Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia
delle particolari necessità di chi ascolta64.
66. L'omelia di solito sia tenuta personalmente dal sacerdote celebrante.
Talvolta, potrà essere da lui affidata a un sacerdote concelebrante e,
secondo l'opportunità, anche al diacono; mai però a un laico65.
In casi particolari e per un giusto motivo l'omelia può essere tenuta
anche dal Vescovo o da un presbitero che partecipa alla celebrazione
anche se non può concelebrare.
Nelle domeniche e nelle feste di precetto l'omelia si deve tenere e non
può essere omessa se non per un grave motivo in tutte le Messe con
partecipazione di popolo. Negli altri giorni è raccomandata,
specialmente nelle ferie di Avvento, di Quaresima e del tempo pasquale;
così pure nelle altre feste e circostanze nelle quali è più numeroso
il concorso del popolo alla chiesa66.
È opportuno, dopo l'omelia, osservare un breve momento
di silenzio.
La
professione di fede
67.
Il simbolo, o professione di fede, ha come fine che tutto il popolo
riunito risponda alla parola di Dio, proclamata nella lettura della
sacra Scrittura e spiegata nell'omelia; e perché, recitando la regola
della fede, con una formula approvata per l'uso liturgico, torni a
meditare e professi i grandi misteri della fede, prima della loro
celebrazione nell' Eucaristia.
68. Il simbolo deve essere cantato o recitato dal sacerdote insieme con il
popolo nelle domeniche e nelle solennità; si può dire anche in
particolari celebrazioni più solenni.
Se si proclama in canto, viene intonato dal sacerdote o, secondo
l'opportunità, dal cantore o dalla schola; ma viene cantato da
tutti insieme o dal popolo alternativamente con la schola.
Se non si canta, viene recitato da tutti insieme o a cori alterni.
La
preghiera universale
69.
Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo risponde
in certo modo alla parola di Dio accolta con fede e, esercitando il
proprio sacerdozio battesimale, offre a Dio preghiere per la salvezza di
tutti. È conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi
sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche per
la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che portano il peso di
varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il
mondo67.
70. La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa:
a) per le necessità della Chiesa;
b) per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo;
c) per quelli che si trovano in difficoltà;
d) per la comunità locale.
Tuttavia in qualche celebrazione particolare, per esempio nella
Confermazione, nel Matrimonio, nelle Esequie, la successione delle
intenzioni può venire adattata maggiormente alla circostanza
particolare.
71. Spetta al sacerdote celebrante guidare dalla sede la preghiera. Egli
la introduce con una breve monizione, per invitare i fedeli a pregare, e
la conclude con un' orazione. Le intenzioni che vengono proposte siano
sobrie, formulate con una sapiente libertà e con poche parole, ed esprimano le intenzioni di
tutta la comunità. Le intenzioni si leggono dall' ambone o da altro
luogo conveniente, da parte del diacono o del cantore o del lettore o da
un fedele laico68.
Il popolo invece, stando in piedi, esprime la sua
supplica con una invocazione comune dopo la formulazione di ogni singola
intenzione, oppure pregando in silenzio.
C)
LITURGIA EUCARISTICA
72. Nell'ultima Cena Cristo istituì il sacrificio e convito pasquale per
mezzo del quale è reso continuamente presente nella Chiesa il
sacrificio della croce, allorché il sacerdote, che rappresenta Cristo
Signore, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli,
perché lo facessero in memoria di lui69.
Cristo infatti prese il pane e il calice, rese grazie, spezzò il pane e
li diede ai suoi discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate, bevete;
questo è il mio Corpo; questo è il calice del mio Sangue. Fate questo
in memoria di me». Perciò la Chiesa ha disposto tutta la celebrazione
della Liturgia eucaristica in vari momenti, che corrispondono a queste
parole e gesti di Cristo. Infatti:
1) Nella preparazione dei doni, vengono portati all'altare pane e vino
con acqua, cioè gli stessi elementi che Cristo prese tra le sue mani.
2) Nella Preghiera eucaristica si rendono grazie a Dio per tutta l'opera
della salvezza, e le offerte diventano il Corpo e il Sangue di Cristo.
3) Mediante la frazione del pane e per mezzo della Comunione i fedeli,
benché molti, si cibano del Corpo del Signore dall'unico pane e
ricevono il suo Sangue dall'unico calice, allo stesso modo con il quale
gli Apostoli li hanno ricevuti dalle mani di Cristo stesso.
La
preparazione dei doni
73.
All'inizio
della Liturgia eucaristica si portano all'altare i doni, che
diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo.
Prima di tutto si prepara l'altare, o mensa del Signore, che è il
centro di tutta la Liturgia eucaristica70, ponendovi sopra il
corporale, il purificatoio, il Messale e il calice, se non viene
preparato alla credenza.
Poi si portano le offerte: è bene che i fedeli presentino il pane e il
vino; il sacerdote, o il diacono, li riceve in luogo opportuno e adatto
e li depone sull' altare. Quantunque i fedeli non portino più, come un
tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla Liturgia, tuttavia il
rito della presentazione di questi doni conserva il suo valore e il suo
significato spirituale.
Si possono anche fare offerte in denaro, o presentare altri doni per i
poveri o per la Chiesa, portati dai fedeli o raccolti in chiesa. Essi
vengono deposti in luogo adatto, fuori della mensa eucaristica.
74.
Il canto all'offertorio (Cf. n. 37, b) accompagna la processione
con la quale si portano i doni; esso si protrae almeno fino a quando i
doni sono stati deposti sull'altare. Le norme che regolano questo canto
sono le stesse previste per il canto d'ingresso (Cf. n. 48).
È sempre possibile accompagnare con il canto i riti offertoriali, anche
se non si svolge la processione con i doni.
75.
Il
sacerdote depone il pane e il vino sull'altare pronunciando le formule
prescritte; egli può incensare i doni posti sull'altare, quindi la
croce e lo stesso altare, per significare che l'offerta della Chiesa e
la sua preghiera si innalzano come incenso al cospetto di Dio. Dopo
l'incensazione dei doni e dell'altare, anche il sacerdote, in ragione
del sacro ministero, e il popolo, per la sua dignità battesimale,
possono ricevere l'incensazione dal diacono o da un altro ministro.
76.
Quindi il sacerdote si lava le mani a lato dell'altare; con questo rito
si esprime il desiderio di purificazione interiore.
L'orazione
sulle offerte
77. Deposte le offerte sull'altare e compiuti i riti che accompagnano questo
gesto, il sacerdote invita i fedeli a unirsi a lui nella preghiera e
pronunzia l'orazione sulle offerte: si conclude così la preparazione
dei doni e ci si prepara alla Preghiera eucaristica.
Nella Messa si dice un'unica orazione sulle offerte, che si conclude con
la formula breve: Per Cristo nostro Signore; se invece essa termina con
la menzione del Figlio: Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l'orazione con
l'acclamazione Amen.
La
Preghiera eucaristica
78.
A
questo punto ha inizio il momento centrale e culminante dell'intera
celebrazione, la Preghiera eucaristica, ossia la preghiera di azione di
grazie e di santificazione. Il sacerdote invita il popolo a innalzare il
cuore verso il Signore nella preghiera e nell'azione di grazie, e lo
associa a sé nella solenne preghiera, che egli, a nome di tutta la
comunità, rivolge a Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito
Santo. Il significato di questa Preghiera è che tutta l'assemblea dei
fedeli si unisca insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di
Dio e nell' offrire il sacrificio. La Preghiera eucaristica esige che
tutti l'ascoltino con riverenza e silenzio.
79.
Gli elementi principali di cui consta la Preghiera eucaristica si
possono distinguere come segue:
a) L'azione di grazie (che si esprime particolarmente nel prefazio): il
sacerdote, a nome di tutto il popolo santo, glorifica Dio Padre e gli
rende grazie per tutta l'opera della salvezza o per qualche suo
aspetto particolare, a seconda della diversità del giorno, della festa
o del Tempo.
b) L'acclamazione: tutta l'assemblea, unendosi alle creature celesti,
canta il
Santo.
Questa acclamazione, che fa parte della Preghiera eucaristica, è
proclamata da tutto il popolo col sacerdote.
c) L'epiclesi: la Chiesa implora con speciali invocazioni la potenza
dello Spirito Santo, perché i doni offerti dagli uomini siano
consacrati, cioè diventino il Corpo e il Sangue di Cristo, e perché la
vittima immacolata, che si riceve nella Comunione, giovi per la salvezza
di coloro che vi parteciperanno.
d) Il racconto dell'istituzione e la consacrazione: mediante le parole e
i gesti di Cristo, si compie il sacrificio che Cristo stesso istituì
nell'ultima Cena, quando offrì il suo Corpo e il suo Sangue sotto le
specie del pane e del vino, li diede a mangiare e a bere agli Apostoli e
lasciò loro il mandato di perpetuare questo mistero.
e) L'anamnesi: la Chiesa, adempiendo il comando ricevuto da Cristo
Signore per mezzo degli Apostoli, celebra il memoriale di Cristo,
commemorando specialmente la sua beata passione, la gloriosa
risurrezione e l'ascensione al cielo.
f) L'offerta: nel corso di questo stesso memoriale la Chiesa, in modo
particolare quella radunata in quel momento e in quel luogo, offre al
Padre nello Spirito Santo la vittima immacolata. La Chiesa desidera che
i fedeli non solo offrano la vittima immacolata, ma imparino anche ad
offrire se stessi71 e così portino a compimento ogni giorno
di più, per mezzo di Cristo Mediatore, la loro unione con Dio e con i
fratelli, perché finalmente Dio sia tutto in tutti72.
g) Le intercessioni: con esse si esprime che l'Eucaristia viene
celebrata in Comunione con tutta la Chiesa, sia celeste che terrena, e
che l'offerta è fatta per essa e per tutti i suoi membri, vivi e
defunti, i quali sono stati chiamati a partecipare alla redenzione e
alla salvezza ottenuta per mezzo del Corpo e del Sangue di Cristo.
h) La dossologia finale: con essa si esprime la glorificazione di Dio;
viene ratificata e conclusa con l'acclamazione del popolo:
Amen.
Riti
di Comunione
80.
Poiché la celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene
che, secondo il comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il
suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale. A questo mirano la
frazione del pane e gli altri riti preparatori, che dispongono
immediatamente i fedeli alla Comunione.
Preghiera
del Signore
81.
Nella Preghiera del Signore si chiede il pane quotidiano, nel quale i
cristiani scorgono un particolare riferimento al pane eucaristico, e si
implora la purificazione dai peccati, così che realmente i santi doni
vengano dati ai santi. Il sacerdote rivolge l'invito alla preghiera, che
tutti i fedeli dicono insieme con lui; ma soltanto il sacerdote vi
aggiunge l'embolismo, che il popolo conclude con la dossologia. L'embolismo,
sviluppando l'ultima domanda della preghiera del Signore, chiede per
tutta la comunità dei fedeli la liberazione dal potere del male.
L'invito, la preghiera del Signore, l'embolismo e la dossologia, con la
quale il popolo conclude l'embolismo, si cantano o si dicono ad
alta voce.
Rito
della pace
82. Segue
il rito della pace, con il quale la Chiesa implora la pace e l'unità
per se stessa e per l'intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la
Comunione ecclesiale e l'amore vicendevole, prima di comunicare al
Sacramento.
Spetta alle Conferenze Episcopali stabilire il modo di compiere questo
gesto di pace secondo l'indole e le usanze dei popoli. Conviene tuttavia
che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo
sobrio.
Frazione
del pane
83.
Il sacerdote spezza il pane eucaristico, con l'aiuto, se è necessario,
del diacono o di un concelebrante. Il gesto della frazione del pane,
compiuto da Cristo nell'ultima Cena, che sin dal tempo apostolico ha
dato il nome a tutta l'azione eucaristica, significa che i molti fedeli,
nella Comunione dall'unico pane di vita, che è il Cristo morto e
risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1 Cor
10,17). La frazione del pane ha inizio dopo lo scambio di pace e
deve essere compiuta con il necessario rispetto, senza però che si
protragga oltre il tempo dovuto e le si attribuisca esagerata
importanza. Questo rito è riservato al sacerdote e al diacono.
Il sacerdote spezza il pane e mette una parte dell' ostia nel calice,
per significare l'unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell'opera
della salvezza, cioè del Corpo di Cristo Gesù vivente e glorioso.
Abitualmente l'invocazione
Agnello
di Dio
viene cantata dalla schola o dal cantore, con la risposta del
popolo, oppure la si dice almeno ad alta voce. L'invocazione accompagna
la frazione del pane, perciò la si può ripetere tanto quanto è
necessario fino alla conclusione del rito. L'ultima invocazione termina
con le parole
dona
a noi la pace
Comunione
84. Il
sacerdote si prepara con una preghiera silenziosa a ricevere con frutto
il Corpo e il Sangue di Cristo. Lo stesso fanno i fedeli pregando in
silenzio. Quindi il sacerdote mostra ai fedeli il pane eucaristico sulla
patena o sul calice e li invita al banchetto di Cristo; poi insieme con
loro esprime sentimenti di umiltà, servendosi delle prescritte parole
evangeliche.
85.
Si desidera vivamente che i fedeli, come anche il sacerdote è tenuto a
fare, ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella stessa
Messa e, nei casi previsti, facciano la Comunione al calice (Cf. n.
284), perché, anche per mezzo dei segni, la Comunione appaia meglio
come partecipazione al sacrificio in atto73.
86.
Mentre il sacerdote assume il Sacramento, si inizia il canto di
Comunione: con esso si esprime, mediante l'accordo delle voci, l'unione
spirituale di coloro che si comunicano, si manifesta la gioia del cuore
e si pone maggiormente in luce il carattere «comunitario» della
processione di coloro che si accostano a ricevere l'Eucaristia. Il canto
si protrae durante la distribuzione del Sacramento ai fedeli74.
Se però è previsto che dopo la Comunione si esegua un inno, il canto
di Comunione s'interrompa al momento opportuno.
Si faccia in modo che anche i cantori possano ricevere agevolmente la
Comunione.
87. Per il canto alla Comunione si può utilizzare o l'antifona del
Graduale romanum, con o senza salmo, o l'antifona col salmo del Graduale
simplex, oppure un altro canto adatto, approvato dalla Conferenza
Episcopale. Può essere cantato o dalla sola schola, o dalla schola
o dal cantore insieme col popolo.
Se invece non si canta, l'antifona alla Comunione proposta dal Messale
può essere recitata o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore,
altrimenti dallo stesso sacerdote dopo che questi si è comunicato,
prima di distribuire la Comunione ai fedeli.
88. Terminata la distribuzione della Comunione, il
sacerdote e i fedeli, secondo l'opportunità, pregano per un po' di
tempo in silenzio. Tutta l'assemblea può anche cantare un salmo, un
altro cantico di lode o un inno.
89. Per completare la preghiera del popolo di Dio e anche per concludere
tutto il rito di Comunione, il sacerdote recita l'orazione dopo la
Comunione, nella quale invoca i frutti del mistero celebrato.
Nella Messa si dice una sola orazione dopo la Comunione, che termina con
la conclusione breve, cioè:
- se è rivolta al Padre:
Per
Cristo nostro Signore;
- se è rivolta al Padre, ma
verso la fine dell'orazione medesima si fa menzione del Figlio:
Egli
vive e regna nei secoli dei secoli;
se è rivolta al Figlio:
Tu
che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Il popolo fa sua l'orazione con l'acclamazione
Amen.
D)
RITI DI CONCLUSIONE
90.
I riti di conclusione comprendono:
a) brevi avvisi, se necessari;
b) il saluto e la benedizione del sacerdote, che in alcuni giorni e in
certe circostanze si può arricchire e sviluppare con l'orazione sul
popolo o con un'altra formula più solenne;
c) il congedo del popolo da parte del diacono o del sacerdote, perché
ognuno ritorni alle sue opere di bene lodando e benedicendo Dio;
d) il bacio dell'altare da parte del sacerdote e del diacono e poi
l'inchino profondo all'altare da parte del sacerdote, del diacono e
degli altri ministri.
31 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Decreto sulla vita e sul ministero
sacerdotale, Presbyterorum Ordinis, n. 5; Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 33.
38 CONC. ECUM. TRIDENTINO, Sess. XXII, Dottrina sul santissimo sacrificio
della Messa, cap. l, Denz. Schönm. 1740; cf. PAOLO VI, Solenne
professione di fede, 3 giugno 1968, n. 24: AAS 60 (1968) 442.
39 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 7; PAOLO VI, Lett. enc. Mysterium fidei, 3
settembre 1965: AAS 57 (1965) 764; SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI,
Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 9: AAS 59
(1967) 547.
40 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 56; SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI,
Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 3: AAS 59
(1967) 542.
41 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 48, 51; Costituzione dogmatica sulla divina
Rivelazione, Dei verbum, n. 21; Decreto sulla vita e sul
ministero sacerdotale, Presbyterorum Ordinis, n. 4.
42 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 7, 33, 52.
43 Cf. ibidem, 33.
44 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Musicam sacram, 5
marzo 1967, n. 14: AAS 59 (1967) 304.
45 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II,
Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn.
26-27; SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Eucharisticum
mysterium, 25 maggio 1967, n. 3: AAS 59 (1967) 542.
46 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 30.
47 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Musicam sacram, 5
marzo 1967, n. 16 a: AAS 59 (1967) 305.
48 S. AGOSTINO DI IPPONA, Sermo 336,1: PL 38, 1472.
49 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Musicam sacram, 5
marzo 1967, nn. 7, 16: AAS 59 (1967) 302, 305.
50 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla
sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 116; cf. anche il n.
30.
51 Cf. ibidem, n. 54; Cf.
SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione lnter oecumenici, 26
settembre 1964, n. 59: AAS 56 (1964) 891; cf. SACRA
CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Musicam sacram, 5 marzo 1967,
n. 47: AAS 59 (1967) 314.
52 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 30, 34; cf. anche il n. 21.
53 Cf. ibidem,
n. 40; CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI
SACRAMENTI, Istruzione Varietates legitimae, 25 gennaio 1994, n.
41: AAS 87 (1995) 304.
54 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 30; cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Musicam
sacram, 5 marzo 1967, n. 17: AAS 59 (1967) 305.
55 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Ap. Dies Domini, 31 maggio 1998, n.
50: AAS 90 (1998) 745.
56 Cf. MESSALE ROMANO, Appendice II.
57 Cf. TERTULLIANO, Adversus Marcionem, IV, 9: CCSL 1,560; ORIGENE, Disputatio
cum Heracleida, n. 4, 24: SCh 67, 62; Statuta Concilii Hipponensi
Breviata, 21: CCSL 149, 39.
58 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 33.
59 Cf. ibidem, n. 7.
60 MESSALE ROMANO, Lezionario, seconda
edizione tipica, Introduzione, n. 28.
61 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium. n. 51.
62 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Ap. Vìcesimus quintus annus, 4 dicembre
1988, n. 13: AAS 81 (1988) 910.
63 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 52; CIC, can. 767, § 1.
64 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Inter oecumenici, 26
settembre 1964, n. 54: AAS 56 (1964) 890.
65 Cf. CIC, can. 767, § 1; PONTIFICIA COMMISSIONE PER L'INTERPRETAZIONE
AUTENTICA DEL CIC, risposta al dubbio circa il can. 767, § 1:
AAS 79 (1987) 1249; Istruzione interdicasteriale su alcune questioni
circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti, Ecclesiae
de mysterio, 15 agosto 1997, art. 3: AAS 89 (1997) 864.
66 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI,
Istruzione Inter oecumenici, 26 settembre 1964, n. 53: AAS 56
(1964) 890.
67 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 53.
68 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Inter oecumenici, 26
settembre 1964, n. 56: AAS 56 (1964) 890.
69 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 47; SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI,
Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, nn. 3a, b:
AAS 59 (1967) 540-541.
70 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Inter oecumenici, 26
settembre 1964, n. 91: AAS 56 (1964) 898;
Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 24: AAS 59
(1967) 554.
71 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 48; SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI,
Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 12: AAS 59
(1967) 548-549.
72 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n, 48; Decreto sulla vita e sul ministero
sacerdotale, Presbyterorum Ordinis, n. 5; SACRA CONGREGAZIONE DEI
RITI, Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 12:
AAS 59 (1967) 548-549.
73 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Eucharisticum mysterium, 25
maggio 1967, nn. 31, 32: AAS 59 (1967)
558-559; SACRA CONGREGAZIONE PER LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI,
Istruzione Immensae caritatis, 29 gennaio 1973, n. 2: AAS 65
(1973) 267-268.
74 Cf. SACRA
CONGREGAZIONE PER I SACRAMENTI E IL CULTO DIVINO, Istruzione Inestimabile
donum, 3 aprile 1980, n. 17: AAS 72 (1980) 338.
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