PREMESSE GENERALI



I. LA BENEDIZIONE NELLA STORIA DELLA SALVEZZA

Dio fonte di ogni benedizione

1. Origine e fonte di ogni benedizione è Dio, benedetto nei secoli, che è al di sopra di tutte le cose, lui solo è buono e ha fatto bene ogni cosa, per colmare di benedizioni tutte le sue creature, e sempre, anche dopo la caduta dell'uomo, ha continuato a effonderle in segno del suo amore misericordioso

Cristo benedizione per gli uomini

 2. Quando poi venne la pienezza del tempo, il Padre mandò il suo Figlio, e per mezzo di lui, fatto uomo, benedisse di nuovo gli uomini con ogni benedizione spirituale. Così l'antica maledizione si cambiò per noi in benedizione, quando «spuntó il sole di giustizia, Cristo nostro Dio, che tolse la condanna e recò agli uomini la benedizione».

3. Cristo Signore, che è la massima benedizione del Padre, volle manifestarsi nel Vangelo in atto di benedire i fratelli, specialmente i più piccoli, e di rivolgere al Padre la sua preghiera di benedizione. In ultimo, glorificato dal Padre e asceso al cielo, effuse sui suoi fratelli, acquistati con il suo sangue, il dono del suo Spirito, perché da lui guidati, lodassero e magnificassero in tutte le cose Dio Padre, lo adorassero, gli rendessero grazie, e nell'esercizio delle opere di misericordia meritassero di venir annoverati tra i benedetti nel regno dei cieli.

Lo Spirito Santo datore di vita

4. Per opera dello Spirito Santo, la benedizione di Abramo raggiunge in Cristo il suo pieno compimento, e da lui viene trasmessa ai figli, chiamati a vita nuova «in pienezza di benedizione», resi così membra del corpo di Cristo, essi hanno il compito di diffondere largamente i frutti dello Spirito, per risanare il mondo con la divina benedizione

Il popolo di Dio sacramento della benedizione divina

5. Volgendo lo sguardo alla venuta di Cristo Salvatore, il Padre aveva già confermato, con molteplice effusione di benedizioni, la prima alleanza del suo amore con gli uomini. In questo modo egli preparò il popolo eletto ad accogliere il Redentore e lo rese di giorno in giorno più degno della sua alleanza. E il popolo, camminando per le vie della giustizia, poté con la bocca e con il cuore rendere onore a Dio, divenendo così, nel mondo, segno e sacramento della divina benedizione.

Dio è benedetto e benedice

6. A sua volta Dio, dal quale discende ogni benedizione, già fin d'allora concesse che specialmente i patriarchi, i re, i sacerdoti, i leviti, i genitori11 innalzassero al suo nome lodi e benedizioni e in nome suo trasmettessero le benedizioni divine agli uomini e alle cose create.
Quando Dio o direttamente o per mezzo di altri benedice, sempre viene assicurato il suo aiuto, annunziata la sua grazia, proclamata la sua fedeltà all'alleanza sancita. E quando sono gli uomini a benedire, essi lodano Dio e inneggiano alla sua bontà e misericordia.
Dio infatti benedice comunicando o preannunziando la sua bontà. Gli uomini benedicono Dio proclamando le sue lodi, rendendo a lui grazie, tributandogli il culto e l'ossequio della loro devozione; quando poi benedicono gli altri, invocano l'aiuto di Dio sui singoli e su coloro che sono riuniti in assemblea .

Tutto il Creato benedice Dio

7. Secondo la testimonianza della Sacra Scrittura tutte le cose che Dio ha creato e che sempre conserva nel mondo con la sua provvidenza e il suo amore, attestano la benedizione di Dio e devono, a loro volta, indurre a innalzare la benedizione12. Ciò è da tenersi presente specialmente dopo che il Verbo si è fatto carne e con il mistero della sua incarnazione ha dato inizio alla santificazione di tutte le cose create.

ed è segno di benedizione per gli uomini

Tutte le benedizioni sono anzitutto e principalmente rivolte a Dio, di cui esaltano la grandezza e la bontà, ma poiché comunicano i benefici divini, si riferiscono anche agli uomini, che Dio sostiene e protegge con la sua provvidenza; e non escludono nemmeno le cose create, perché la loro molteplice varietà costituisce per l'uomo una benedizione di Dio.


II. LE BENEDIZIONI NELLA VITA DELLA CHIESA

La Chiesa sacramento di salvezza

8. Obbediente alle parole del Salvatore, la Chiesa partecipa al calice della benedizione, rendendo grazie a Dio per il dono ineffabile per la prima volta ricevuto nel mistero pasquale, e a noi comunicato nell'Eucaristia. Dal mistero eucaristico la Chiesa attinge la grazia e la forza, per effetto delle quali diventa anch'essa benedizione e come sacramento universale di salvezza esercita sempre tra gli uomini e per gli uomini l'opera di santificazione, i con Cristo capo, nello Spirito Santo, dà gloria al Padre.

compie il suo ministero per opera dello Spirito

9. Molte volte la Chiesa compie sotto l'azione dello Spirito Santo, questo suo ministero: perciò ha istituito svariate forme di benedizione con le quali essa chiama gli uomini a lodare Dio, li invita a chiedere la sua protezione, li esorta a meritare, con la santità della vita, la sua misericordia, e innalza preghiere per ottenere i benefici divini, in modo che le sue invocazioni ottengano l'effetto sperato.
Queste dunque le finalità delle benedizioni istituite dalla Chiesa, che sono segni sensibili, per mezzo dei quali «viene significata, e nel modo ad essi proprio, realizzata» quella santificazione degli uomini in Cristo e quella glorificazione di Dio, che costituisce il fine cui tendono tutte le altre attività della Chiesa.

per la gloria di Dio e la santificazione degli uomini

10. In quanto segni che si basano sulla parola di Dio e si celebrano in forza della fede, le benedizioni intendono mettere in luce e manifestare quella vita nuova in Cristo, che nasce e si sviluppa in forza dei Sacramenti della Nuova Alleanza, istituiti da Cristo Signore. Inoltre le benedizioni, istituite in certo qual modo a imitazione dei Sacramenti, si riportano sempre e principalmente a effetti spirituali, che ottengono per impetrazione della Chiesa.

Il senso delle benedizioni 

11. Convinta come è di questa verità, la Chiesa vuole che la celebrazione di una benedizione torni veramente a lode ed esaltazione di Dio e sia ordinata al profitto spirituale del suo popolo.
E perché questa finalità risulti più evidente, per antica tradizione le formule di benedizione hanno soprattutto lo scopo di rendere gloria a Dio per i suoi doni, chiedere i suoi favori e sconfiggere il potere del maligno nel mondo.

La Chiesa glorifica Dio e invoca la sua benedizione

12. La Chiesa, intenta come è a glorificare Dio in tutte le cose e specialmente a porre in risalto manifestazione della sua gloria agli uomini che, in grazia del Battesimo, sono rinati o prossimi a rinascere alla vita nuova, con le sue benedizioni per essi e con essi, in circostanze particolari della loro esistenza, loda il Signore e invoca su di essi la sua grazia. Talvolta poi la Chiesa benedice anche le cose e i luoghi che si riferiscono all'attività umana, alla vita liturgica, alla pietà e alla devozione, sempre però tenendo presenti gli uomini che usano quelle determinate cose e operano in quei determinati luoghi. L'uomo infatti, per il quale Dio ha voluto e ha fatto tutto ciò che vi è di buono, è il depositario della sua sapienza e con i riti di benedizione attesta di servirsi delle cose create, in modo che il loro uso lo porti a cercare Dio, ad amare Dio, a servire fedelmente Dio solo.

Criteri pastorali

13. I fedeli, guidati dalla fede, rinvigoriti dalla speranza, spinti dalla carità, non solo sono in grado di scorgere saggiamente in tutte le cose create l'impronta della bontà di Dio, ma anche nelle opere dell'attività umana cercano implicitamente il Regno di Cristo e inoltre considerano tutti gli eventi del mondo come segno di quella paterna provvidenza con la quale Dio regge e sostiene tutte le cose. Sempre quindi e dappertutto si offre l'occasione di lodare, invocare e ringraziare Dio per mezzo di Cristo. nello Spirito Santo, purché si tratti di cose, luoghi o contingenze che non siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo. Pertanto ogni celebrazione di benedizione dev'essere sempre vagliata in base a criteri pastorali, specialmente se ci fosse motivo di prevedere un eventuale pericolo di sconcerto da parte dei fedeli e degli altri presenti.

Il Concilio Vaticano II

14. L'impostazione pastorale di queste benedizioni concorda con le parole del Concilio Ecumenico Vaticano II: «La liturgia dei Sacramenti e dei Sacramentali offre ai fedeli ben disposti la possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia divina che fluisce dal mistero pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo; mistero dal quale derivano la loro efficacia tutti i Sacramenti e Sacramentali. E così quasi ogni retto uso delle cose materiali può essere indirizzato alla santificazione dell'uomo e alla lode di Dio». In tal modo, per mezzo dei riti delle benedizioni, gli uomini si dispongono a ricevere l'effetto principale proprio dei Sacramenti, e vengono santificate le varie circostanze della loro vita.

Le disposizioni spirituali necessarie

15. «Al fine di ottenere però questa piena efficacia, è necessario che i fedeli si accostino alla sacra Liturgia con retta disposizione di animo». Pertanto coloro che chiedono la benedizione di Dio per mezzo della Chiesa, intensifichino le loro disposizioni, lasciandosi guidare da quella fede alla quale tutto è possibile, facciano leva sulla speranza che non delude, siano animati soprattutto da quell'amore che spinge a osservare i comandamenti di Dio. In tal modo gli uomini, intenti alla ricerca della volontà di Dio, comprenderanno in pieno e otterranno davvero la benedizione del Signore.


III. UFFICI E MINISTERI

La celebrazione è comunitaria

16. Le benedizioni della Chiesa sono azioni liturgiche; pertanto la celebrazione comunitaria che è talvolta richiesta, meglio risponde all'indole della preghiera liturgica, e mentre la preghiera della Chiesa propone ai fedeli una verità, i presenti son condotti a partecipare con il cuore e con le labbra alla voce della Madre.
Per le benedizioni di maggiore importanza che riguardano la Chiesa locale, è bene che si riunisca la comunità diocesana o parrocchiale, sotto la presidenza del vescovo o del parroco.
Conviene però che anche nelle altre benedizioni siano presenti dei fedeli: ciò che si compie per un gruppo, rifluisce in qualche modo su tutta la comunità.

anche con poche persone

17. In mancanza di un gruppo di fedeli, colui che vuol benedire Dio o chiedere la divina benedizione, o anche il ministro che presiede la celebrazione, ricordino che essi rappresentano la Chiesa celebrante: la loro comune implorazione otterrà che «mediante l'uomo, ma non dall'uomo», discenda la benedizione, quale «dono spiritualmente condiviso di santificazione e di grazia».
La celebrazione di una benedizione di cose e di luoghi non si faccia di norma senza la partecipazione di almeno qualche fedele.

Il ministro

18. Il ministero della benedizione si collega a un esercizio particolare del sacerdozio di Cristo; in base quindi alla posizione e all'ufficio proprio di ciascuno nell'ambito del popolo di Dio, questo ministero viene così esercitato:

Vescovo

a) Al vescovo spetta presiedere specialmente quelle celebrazioni che riguardano tutta la comunità diocesana e che si svolgono con particolare solennità e con grande concorso di popolo: pertanto il vescovo può riservare alla sua persona alcune celebrazioni, specialmente se svolte in forma più solenne.

Presbiteri
b) Ai presbiteri, come richiede la natura del loro servizio verso il popolo di Dio, spetta presiedere le benedizioni, quelle specialmente che riguardano la comunità al cui servizio essi sono dedicati; possono quindi celebrare tutte le benedizioni contenute in questo libro, a meno che non sia presente e presieda il vescovo.

Diacono

C) Ai diaconi, quali aiutanti del vescovo e del suo presbiterio come ministri della Parola, dell'altare e della carità, spetta presiedere alcune celebrazioni, come indicato a suo luogo.
Tutte le volte però che è presente un sacerdote, è più opportuno che proprio a lui venga affidato il compito di presiedere: il diacono gli presterà servizio, esercitando nell'azione liturgica le proprie mansioni.

Ministri istituiti

d) Agli accoliti e ai lettori, che in base alla loro «istituzione» svolgono nella Chiesa un ufficio particolare, viene giustamente conferita, a giudizio dell'Ordinario del luogo, la facoltà di impartire di diritto, a preferenza degli altri laici, alcune benedizioni.

Laici con particolare incarico

Anche altri laici, uomini e donne, in forza del sacerdozio comune, di cui sono stati insigniti nel Battesimo e nella Confermazione, a condizione che esista un compito specifico (quello, per esempio dei genitori verso i figli), o l'esercizio di un ministero straordinario, o lo svolgimento di altri uffici particolari nella Chiesa, come avviene in alcune regioni per i religiosi o i catechisti a determinate condizioni e a giudizio dell'Ordinario del luogo e purché sia notoria la loro necessaria preparazione pastorale e la loro prudenza nel compimento della mansione loro affidate, possono celebrare alcune benedizioni con il rito e il formulario per essi previsto, come indicato nel rituale di ogni benedizione. Se però è presente un sacerdote o un diacono, si deve lasciare a lui il compito di presiedere.

Partecipazione attiva dei fedeli

19. La partecipazione dei fedeli sarà tanto più attiva, quanto più accurata sarà la formazione ad essi impartita sull'importanza delle benedizioni. Pertanto i presbiteri e i ministri, sia nel corso delle celebrazioni sia nella predicazione e nella catechesi, spieghino ai fedeli il significato e l'efficacia delle benedizioni.
E' infatti di somma importanza che il popolo di Dio sia istruito sul genuino significato dei riti e delle preghiere di cui la Chiesa si serve nell'impartire la benedizione, per evitare che si introduca nella sacra celebrazione qualche elemento che indulgendo a concezioni superstiziose o a vane credenze, possa intaccare la purezza della fede.


IV. CELEBRAZIONE DELLA BENEDIZIONE 

Struttura tipica.


Le due parti essenziali

20. La celebrazione tipica della benedizione presenta due parti principali: la prima è la proclamazione della parola di Dio, la seconda la lode della bontà di Dio e l'implorazione del suo aiuto.
La celebrazione è di norma completata da brevi riti di apertura e di conclusione.

La parola di Dio

21. La prima parte ha lo scopo di caratterizzare la benedizione come vero segno sacro, che attinge senso ed efficacia dalla proclamazione della parola di Dio.
Centro quindi di questa prima parte è la proclamazione della parola di Dio, alla quale giustamente si riferiscono la monizione introduttiva e la breve spiegazione, come pure l'esortazione o l'omelia, che secondo l'opportunità si possono aggiungere.
Allo scopo poi di ravvivare la fede dei partecipanti, opportunamente si inseriscono in tale contesto, specialmente se di letture se ne fanno più di una, un salmo o un canto o una pausa di sacro silenzio.

la preghiera della Chiesa

22. La seconda parte consta di riti e di preghiere al fine di suscitare nei presenti la lode di Dio e implorare il suo aiuto per Cristo, nello Spirito Santo. Elemento centrale di questa parte è la formula di benedizione, o preghiera della Chiesa, spesso accompagnata da un segno particolare.
Per meglio favorire poi l'atteggiamento orante dei presenti, si può aggiungere una orazione comune che precede di norma la preghiera di benedizione ma qualche volta la segue.

Elementi principali e secondari

23. Nelle celebrazioni proposte, gli elementi principali quali sono la proclamazione della parola di Dio e la preghiera della Chiesa - elementi che mai si devono omettere, neanche nei riti più brevi - si devono con cura distinguere, nell'adattamento della celebrazione, dagli altri elementi.

Condizioni per una buona celebrazione

24. Inoltre nel disporre la celebrazione si tengano soprattutto presenti questi particolari:
a) si dia comunemente la preferenza alla forma comunitaria, in modo che nello svolgimento del rito il diacono, il lettore, il salmista e la schola compiano ognuno le proprie mansioni
b) si tenga presente la norma primaria della consapevole, attiva e facile partecipazione dei fedeli; 
c) si provveda opportunamente a tutte le circostanze di cose o di persone, avendo sempre presenti i principi ispiratori della riforma di questi riti ristrutturati e le norme stabilite dalla competente autorità.

I segni proposti nelle celebrazioni

Segni visibili

25. I segni visibili che spesso accompagnano le orazioni hanno specialmente lo scopo di richiamare alla mente le azioni salvifiche del Signore, di mettere in rilievo una specifica connessione con i più importanti Sacramenti della Chiesa, di alimentare quindi la fede dei presenti e suscitare in loro una attenta partecipazione al rito.

26. I segni più usuali sono quelli di estendere o innalzare o congiungere o imporre le mani; il segno di croce; l'aspersione dell'acqua benedetta e l'incensazione.
a) Poiché la formula di benedizione è anzitutto un'«orazione», nel pronunziarla, il ministro - come viene precisato nei singoli Riti - estende o innalza o congiunge le mani. 
b) Tra i segni di benedizione ha un posto particolare l'imposizione delle mani, sull'esempio di Cristo, che parlando dei suoi discepoli disse: «imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,18); è Cristo stesso che nella Chiesa e per mezzo della Chiesa compie ancora questo segno. 
c) Viene anche spesso proposto, secondo l'antica tradizione della Chiesa, il segno di croce. 
d) In alcuni riti è prevista l'aspersione dell'acqua benedetta. In questi casi, i ministri esortino i fedeli a ricordare il mistero pasquale e a rinnovare la fede del Battesimo. 
e) In alcuni riti si usa l'incensazione, che è un segno di venerazione e di onore, e simboleggia talvolta la preghiera della Chiesa.

Per evitare il pericolo della superstizione

27. Sebbene i segni usati nelle benedizioni, e specialmente il segno di croce, implichino di per sé una certa evangelizzazione e un'espressione di fede, di norma non è lecito impartire una benedizione di cose e di luoghi con il solo segno esterno, senza ricorso alcuno alla parola di Dio o a una formula di preghiera: questo per rendere più attiva la partecipazione ed evitare il pericolo di superstizione.

Modo di unire la celebrazione della benedizione 
con altre celebrazioni o con altre benedizioni

La benedizione unita alla Messa

28. Poiché alcune benedizioni hanno un rapporto particolare con i Sacramenti, la loro celebrazione si può unire talvolta con quella della Messa.
Nel Rituale viene precisato quali siano queste benedizioni e con quale parte o momento rituale si debbano unire; sono inoltre indicate, per i singoli casi, le norme rituali che si devono osservare. Nessun'altra benedizione si può in alcun modo unire con la celebrazione eucaristica.

e ad altre celebrazioni

29. Alcune benedizioni si possono unire con le altre celebrazioni, come indicato a suo luogo nei vari riti di benedizione.

Più benedizioni insieme

30. Può essere talvolta opportuno compiere, in un'unica celebrazione, più benedizioni. Nel regolare questa benedizione si tengano presenti questi criteri: il rito usato deve essere quello della benedizione principale; in esso si inseriscano, nella monizione e nella preghiera, parole e segni appropriati, con i quali si manifesti l'intenzione d'impartire anche le altre benedizioni.

Il compito del ministro nella preparazione 
e nell'ordinamento della celebrazione.


A chi e rivolta la benedizione

31. Il ministro si ricordi che le celebrazioni riguardano in primo luogo i fedeli battezzati; si possono però celebrare anche per i catecumeni e, tenute presenti le norme del can. 1170, anche per i non cattolici, a meno che non vi si opponga una proibizione della Chiesa.
Per celebrare benedizioni in modo comunitario con i fratelli separati si osservino nei singoli casi le norme impartite dall'Ordinario del luogo.

Adattamenti che riguardano il ministro

32. Il celebrante o il ministro, considerate le circostanze e tenuti presenti anche i desideri dei fedeli, si serva, secondo l'opportunità, delle facoltà concesse nei vari riti, mantenga però la struttura dei riti stessi e non sconvolga in alcun modo l'ordine delle parti principali.

Il ruolo dei fedeli

33. Nello svolgimento della celebrazione comunitaria si procuri che tutti, ministri e fedeli, nel compiere il loro ufficio, facciano tutto ciò che loro spetta con decoro, ordine e devozione.

Il tempo liturgico 

34. Si tenga anche presente l'indole particolare del tempo liturgico, in modo che le monizioni e le preghiere dei fedeli abbiano un raccordo con l'annuo svolgimento del mistero di Cristo.

Le vesti liturgiche

Per il vescovo

35. Il vescovo, quando presiede celebrazioni di grande importanza, indossa le vesti indicate nel Cerimoniale dei Vescovi.

Per il presbitero e il diacono

36. Il presbitero e il diacono, quando presiedono benedizioni celebrate in forma comunitaria, specialmente in chiesa o con qualche solennità esterna, indossino il camice con la stola. Se si usa l'abito talare, il camice può essere sostituito dalla cotta. Nelle celebrazioni più solenni si può usare il piviale.

Colori liturgici

37. Il colore dei paramenti può essere il bianco o quello corrispondente al tempo liturgico o alla festa del giorno.

Le vesti per i ministri istituiti

38. I ministri regolarmente istituiti, quando presiedono le celebrazioni comunitarie, indossino le vesti prescritte dalla Conferenza Episcopale o dall'Ordinario del luogo per le celebrazioni liturgiche.


V. ADATTAMENTI CHE SPETTANO ALLE CONFERENZE EPISCOPALI

39. Alle Conferenze Episcopali spetta, in forza della Costituzione sulla sacra Liturgia, redigere un Rituale particolare che corrisponda al titolo «De benedictionibus» del Rituale Romano, adattato però alle esigenze delle singole regioni, in modo che, dopo la revisione della Sede Apostolica, possa essere usato nelle rispettive regioni.
A questo riguardo spetterà alle Conferenze Episcopali:
a) precisare gli adattamenti, secondo i principi stabiliti in questo libro, conservando però la struttura propria dei riti stessi;
b) valutare con attenzione e prudenza che cosa si può opportunamente accogliere dalle tradizioni e dalla cultura dei singoli popoli, e proporre quindi altri adattamenti ritenuti utili o necessari; 
c) conservare o anche adattare eventuali benedizioni proprie di Rituali particolari preesistenti, o quelle ancora in uso dell'antico Rituale Romano, purché si possano armonizzare con lo spirito della Costituzione sulla sacra Liturgia, con i principi esposti in questo titolo e con le esigenze attuali; 
d) nei vari Riti di benedizione, specialmente quando vengono proposte più formule a scelta, aggiungere, oltre le formule contenute nel Rituale Romano, anche altre formule dello stesso tipo; 
e) tradurre integralmente le parti introduttive, sia generali che particolari, contenute in questo libro; non solo, ma, se del caso, completarle, in modo che i ministri possano meglio comprendere il significato dei riti, e i fedeli parteciparvi consapevolmente e attivamente; 
f) aggiungere elementi che il libro non contiene, suggerendo, per esempio, altre letture ritenute utili e segnalando canti adatti; 
g) preparare la versione dei testi, in modo che si adattino all'indole delle varie lingue e alle caratteristiche delle diverse culture; 
h) nelle edizioni del libro, ordinare la materia nel modo ritenuto più idoneo all'uso pastorale; pubblicare estratti del libro in fascicoli distinti, premettendovi però sempre le parti introduttive di maggior rilievo.


 

 

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